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Malattia professionale in agricoltura

Agricoltura, crescono i casi di malattia professionale

Cia Venezia: «Più 9,5% in un anno. Poco turn over con i giovani, occorre investire nella sicurezza sul lavoro»

Lavorare in campagna è un’attività salutare? A giudicare dal rapporto del patronato Inac della CIA, su dati INAIL, la risposta è no.

“L’immagine bucolica dell’agricoltore – conferma la presidente di Cia Venezia Federica Senno – è uno stereotipo, smentito purtroppo dai dati sulle denunce delle malattie professionali. A livello italiano, e il dato è in linea anche nella nostra provincia, le denunce di malattie professionali in agricoltura sono cresciute del 9,5% tra il 2021 e il 2022. Preoccupa l’ipotesi che il dato delle domande di riconoscimento delle malattie professionali sarebbe ben più alto, e non lo è perché la maggioranza degli agricoltori ignora il sistema delle tutele previste nel nostro Paese, per le patologie connesse al lavoro”.

Il patronato Inac-Cia – che ha organizzato nei giorni scorsi un convegno nazionale sul tema e al quale ha partecipato - portando l'esperienza veneziana - il responsabile provinciale Davide Fusersegnala le malattie professionali più diffuse in agricoltura: 1) Disturbi dei dischi intervertebrali, 2) Entesopatie periferiche, 3) Mononeuriti dell’arto superiore e mononeuriti multiple, 4) Sordità, 5) Spondilosi, 6) disturbi delle sinovie, dei tendini e delle borse, 7) Artrosi, 8) Lesioni interne del ginocchio, 9) disturbi dell’orecchio, 10) Traumatismo dei nervi periferici del cingolo scapolare e dell’arto superiore. Seguono in, in questa nefasta classifica una serie di neoplasie che interessano organi respiratori.

“Dai dati Inail – aggiunge la presidente Senno - l’agricoltura si colloca al secondo posto in questa triste classifica, preceduta solo dal comparto industriale. Rafforzare la sicurezza del settore, avere precise garanzie sulle tutele legate al benessere dei lavoratori agricoli, è la strada obbligata da imboccare per favorire anche l’ingresso di giovani nel comparto. Perché, è bene ricordarlo, il turn over degli addetti nei campi non sale da quel 5/7%, annuo, da decenni. E stupisce che nonostante questi dati, inequivocabili, l’agricoltura non venga considerata tra i lavori gravosi e usuranti e per questo sia rimasta tagliata fuori, ad esempio, dai beneficiari dell’Ape Social e della pensione anticipata per “i precari”. Non vogliamo fare allarmismo, ma fornire una fotografia reale dell’attività agricola, in un orizzonte che comprende più in generale il tema della sicurezza del lavoro”.