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Decretone: Cia, c'è preoccupazione per pensioni minime agli agricoltori

Secondo analisi di Anp e Inac, l'agricoltore che ha versato contributi prenderebbe meno di chi non lo ha mai fatto

In attesa della pubblicazione del testo ufficiale, Cia-Agricoltori Italiani lancia un messaggio di allarme sul possibile effetto di alcune misure sulle pensioni minime agricole e sulla platea dei destinatari di quota 100. Auspichiamo -sottolinea Cia- che in sede parlamentare vengano apportati i dovuti correttivi al provvedimento legislativo e confidiamo in un intervento del Ministro Gian Marco Centinaio, attento alle problematiche del settore.
Da un’analisi del Centro studi di Anp-Associazione nazionale pensionati di Cia e del Patronato Inac la questione che maggiormente preoccupa è riferita alla pensione di cittadinanza, che parrebbe escludere i pensionati agricoltori, molti dei quali percepiscono un trattamento minimo di appena 513 euro, garantendo, invece, a coloro che non hanno versato contributi, assegni di importi superiori. Chi ha lavorato una vita in agricoltura, versando i contributi regolarmente, rimarrebbe, con una pensione ben al di sotto della soglia indicata dalla Carta sociale europea ovvero 650 euro/mese, che corrispondono al 40% cento del reddito medio nazionale.
A questa penalizzazione -segnalano Cia, Anp e Inac- si sommerebbe l’impossibilità per gli agricoltori di accedere all’Ape social, ovvero andare in pensione a 63 anni di età con 36 anni di contributi, perché anche con questo Decreto l’agricoltura non verrebbe riconosciuta tra i lavori gravosi e usuranti. Mantenere le pensioni basse in agricoltura impedisce oggi il ricambio generazione e favorisce lo spopolamento delle aree interne. Non è raro che gli agricoltori anche ultra settantenni continuino l’attività in azienda per raggiungere un reddito appena dignitoso. Questo scenario se confermato-rilanciano Cia, Anp e Inac- dimostrerebbe la validità della proposta che portiamo avanti da tempo, puntando a determinare criteri di equità tra i pensionati. La Cia propone, infatti, di istituire una pensione base per tutti, cui vada aggiunta la quota ottenuta con il calcolo dei contributi versati.
Secondo l’analisi infine l’introduzione di quota100 e di Opzione Donna fanno vedere un cambio necessario di tendenza, rispetto alla legge Fornero, anche se in mancanza di una visione organica del sistema pensionistico.