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Vendemmia 2025
Vendemmia 2025: produzione, consumi ed effetti dei dazi USA
Regge la produzione, calano e cambiano i consumi, pesano i dazi
Tiene la produzione vinicola, calano e cambiano i consumi, in attesa delle vere conseguenze dei dazi americani. Sono questi i principali filoni che emergono dal convegno di Cia Venezia dedicato alla vendemmia, che si è svolto a Noventa di Piave, presenti il presidente nazionale Cristiano Fini, quello regionale Gianmichele Passarini e il responsabile del settore vitivinicolo Cia Domenico Mastrogiovanni.
“La produzione 2025 – ha spiegato Franco Passador, Presidente e Amministratore Delegato Vi.V.O. Cantine – è stata di 47 milioni di ettolitri, dato poi rettificato a 44. Già questo è un elemento sul quale riflettere: dati non corretti creano danno sui prezzi, occorre precisione. Il Veneto registra un aumento di produzione del 2%, quindi in linea con l’anno scorso. Dati molto positivi per Lombardia (+15%) e Friuli Venezia Giulia (+10%). Soffre la Toscana (-13%), mentre c’è un vero e proprio exploit al Sud (Basilicata +40%, Sicilia + 20%, Abruzzo e Molise +25% ciascuno). Con questi dati, l’Italia si conferma uno dei principali player del settore vinicolo mondiale: leadership italiana nella produzione e nell’export in volume, secondo posto come esportatore in valore, terzo posto nel consumo mondiale. Per quanto riguarda i due vitigni principali della nostra regione, il prosecco tocca 4.253 ettolitri imbottigliati (+2,2% rispetto al 2024, addirittura + 6,5% rispetto alla media del triennio 2022-2024). La giacenza è così bassa che la produzione 2025 verrà commercializzata già a partire dal 1° dicembre, invece che – come di consueto – dal 1° gennaio. Il pinot grigio ottiene buone performance, ma è una produzione fragile, con il 30% dei vitigni che ha più di 15 anni. Certamente il panorama è reso cupo dagli scambi con gli Stati Uniti: oltre ai dazi del 15%, i vini italiani e veneti scontano la svalutazione del dollaro. Una bottiglia italiana negli USA è passata rapidamente da 12-13 dollari a circa 20: è una dinamica che frena i consumi”.
Concetti rimarcati da Denis Pantini, Responsabile Agrifood e Wine Monitor Nomisma. “Per quanto i consumi interni si siano stabilizzati, l’export è sempre più necessario per mantenere la produzione. Guardando alle medie quinquennali a partire dal 1995, i consumi sono scesi del 30%, mentre la produzione “soltanto” del 16%. Ciò vuol dire che sono i mercati esteri a permettere al settore di restare in vita”.
L'export di vino italiano negli USA ha subito una brusca flessione nel 2025, con un calo del 28% a valore nei mesi di luglio e agosto, dovuto all'introduzione di nuovi dazi. Questo dato rappresenta un'inversione di rotta rispetto al +12,5% del primo trimestre dell'anno (periodi in cui si sono fatte molte scorte prima dell’arrivo dei dazi).
“È anche vero che ci sono mercati alternativi, che crescono a doppia cifra. Le esportazioni negli ultimi 10 anni sono cresciute del 20% verso la Romania, del 18 verso il Vietnam, del 15 verso la Turchia, del 14 verso Thailandia e Bulgaria”.
“Dati – ha commentato la presidente di Cia Venezia Federica Senno – che devono farci riflettere: bisogna tenere conto del cambiamento dei consumi (i rossi soffrono in tutta Italia), dell’approccio al vino dei giovani consumatori (quelli abituali sono scesi dal 43% al 27% nella fascia d’età 25-44 anni negli ultimi 15 anni), della necessità di preservare certe produzioni e il lavoro degli agricoltori. Tra pochi giorni la Regione Veneto avrà un nuovo governo, al quale chiediamo attenzione per un settore, come quello viti-vinicolo, che è una punta di diamante dell’agricoltura veneta”.