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I produttori Dop a favore del CETA

I produttori Dop a favore del CETA. Grana e parmigiano vendono di più

 

Parla Cesare Baldrighi, il presidente del Consorzio per la tutela del Grana Padano nonché dell’Associazione dei consorzi Dop e Igp

Quello che per Luigi Di Maio è un «trattato scellerato», per Cesare Baldrighi è «una grande opportunità» per il Made in Italy. L’oggetto della opposta valutazione è il Ceta, l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e il Canada in vigore dal 21 settembre 2017. Se per il vicepremier «il trattato, quando arriverà in Aula per la ratifica, sarà bocciato da questa maggioranza», per il presidente del Consorzio per la tutela del formaggio Grana Padano (la Dop più esportata al mondo), nonché dell’Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche (che include tutte le Dop e Igp italiane), va approvato per evitare che si torni a una situazione in cui «tutti fanno quello che vogliono».
L’annuncio di venerdì scorso del vicepremier all’assemblea di Coldiretti ha riscosso l’applauso dell’organizzazione, da sempre contraria al Ceta perché l’effetto sarebbe quello di far diminuire le esportazioni dei prodotti italiani e favorire le vendite del cosiddetto Italian sounding. Ma per Baldrighi non è così: «Nel 2017 le esportazioni in Canada dei prodotti Dop e Igp del settore lattiero-caseario sono cresciute del 5%, a 51 milioni. E nel primo trimestre 2018 del 3,5%». Insomma, si sono vendute più forme di Grana Padano e Parmigiano Reggiano, nonostante il Parmesan, il nome con cui nel mondo viene identificato il formaggio duro da grattugia, italiano e non. Nel Ceta sono incluse 41 Indicazioni geografiche tutelate italiane (172 europee), le principali che rappresentano oltre il 90% dell’export di tutte le Dop e Igp made in Italy. Una triplice opportunità secondo Baldrighi: «In primo luogo con il Ceta èstato introdotto il principio, mai accettato prima dai paesi anglosassoni, delle indicazioni geografiche: il marchio non può essere utilizzato se si è al di fuori del consorzio». Poi ci sono i dazi, «abbattuti del 90%. Per esportare formaggi in Canada occorre una licenza come negli Usa. Prima del Ceta le licenze di formaggi europei verso il Canada si fermavano a 11 mila tonnellate all’anno e andando oltre si pagava un dazio del 238%; con il Ceta è stato concordato in 5 anni un valore di 29 mila tonnellate».
Infine c’è il divieto delle emulazioni, «il vero baluardo contro l’Italian sounding. Il Parmesan messicano commercializzato in Canada non può più utilizzare simboli che richiamino all’Italia, come il tricolore o il Colosseo: occorre inserire il paese di origine». Ci sono anche tre casi particolari, quelli dell’Asiago, del Gorgonzola e del Prosciutto di Parma, già registrati con questi nomi anche in Canada. «Prima del Ceta - conclude Baldrighi - quello italiano si chiamava Original prosciutto e quello canadese Prosciutto di Parma. Con il Ceta è stato introdotto il principio della coesistenza, ma hanno permesso al Parma italiano di vendere con il marchio Prosciutto di Parma e hanno obbligato quello canadese a scrivere made in Canada. Per tutti gli altri prodotti che non sono stati precedentemente registrati in Canada con nomi italiani, è precluso ai canadesi l’utilizzo del marchio, dall’Aceto Balsamico di Modena alla Mozzarella di bufala campana».