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Parte la stagione orticola 2021

Parte la stagione orticola 2021

CIA Venezia: L’agricoltura legata a doppia mandata al turismo (e alle vaccinazioni)

In questo fine settimana finalmente cambia il clima, con l’arrivo del bel tempo. È il momento di partenza della nuova stagione orticola, che nel Veneziano ha punte di eccellenza in alcune produzioni: dal radicchio agli asparagi, fino alle insalate.

In tutta la regione le superfici dedicate alle coltivazioni orticole ammontano a circa 28mila ettari. Le orticole in piena aria, che rappresentano il 75% degli ortaggi coltivati in Veneto, si attestano sui 20.000 ettari mentre le orticole in serra vengono stimate in circa 4.300 ettari. Nel Veneziano sono circa 7.000 gli ettari coltivati a orticole,  per un valore della produzione che supera i 100 milioni di euro l’anno.

«L’anno scorso– spiega il presidente di Cia Venezia Paolo Quaggio – le colture hanno subito delle ripercussioni legate al lock-down imposto per il contenimento del Covid-19: l’elevata variabilità dei prezzi di mercato, in taluni momenti hanno disincentivato la raccolta, costringendo gli agricoltori all’abbandono della coltura e alla perdita del prodotto lasciato in campo. Quest’anno si punta molto sulla stagione turistica. I segnali da parte del Governo sul green-pass (il passaporto vaccinale) già da metà maggio lasciano sperare in una riscossa dell’horeca, cioè della distribuzione nel mondo della ristorazione e della ricettività. Le premesse, secondo alcuni dei nostri soci, sono incoraggianti».

«I prezzi – conferma Michele Basso, che dirige un’azienda a Jesolo – sono tornati a livello pre-covid. La stagione autunnale-invernale non è andata male dal punto di vista della produzione e non ci sono state avversità climatiche particolari. Adesso siamo pronti con sedano, zucchine, insalata gentile, cicoria… Noi conferiamo i nostri prodotti ai Mercati Generali di Treviso (che servono le province di Venezia, Padova e Treviso) ma vista la nostra localizzazione contiamo molto sull’attività turistica: cominciano ad arrivare le richieste dalle catene di supermercati, dagli alberghi e dai ristoranti». Unico neo – che colpisce anche in pianura, oltre che nelle zone montane – è quello della fauna selvatica. «Qui non abbiamo lupi o cinghiali, ma da alcuni anni i volativi infieriscono sul seminato e i risarcimenti della Regione, seppur richiesti, sono così esigui da non arrivare mai ad aziende medio-piccole come la nostra».

Si tratta di un prodotto più di nicchia e per questo particolarmente richiesto il radicchio rosso. “L’anno scorso, con il blocco del turismo e della ristorazione, dovevo svendere il prodotto a 0,11 euro al chilo”, racconta Ivan Boscolo Berto, di Chioggia. “Quest’anno, nonostante l’inizio della stagione non sia stato favorevole, con tre gelate che hanno rovinato la prima semina, siamo riusciti a recuperare. Adesso siamo sul mercato a 1 euro e 30, 1 euro e 40. Speriamo di continuare così, perché veniamo da due anni molto difficili: nel 2019 c’era stata una superproduzione che non eravamo riusciti a smaltire, con i frigoriferi pieni di prodotto. Nel 2020 il lockdown… Non potremmo resistere ad una terza annata negativa”. Anche perché la coltivazione del radicchio richiede molta manodopera. “Le faccio un esempio: per 40 ettari a carote bastano 3 persone, per 18 ettari a radicchio c’è ne vogliono una decina”. Boscolo Berto però resiste: “Perché ci credo, è un prodotto tipico della nostra terra e non vogliamo abbandonarlo, nonostante tutto”.

Parte da un -70% il mercato dell’asparago. A tanto ammonta il calo registrato dall’azienda di Mattia Stringhetta a San Donà di Piave. «E il clima di questa primavera non ci ha aiutato, abbiamo perso il 40% del raccolto. Questo ci ha fatto ritardare di una decina di giorni, adesso stiamo correndo e cercando di recuperare». Le prospettive non sono rosee. «Lavoriamo ancora in perdita – conclude Stringhetta – ma l’augurio è che la campagna di vaccinazione vada avanti, riaprano i locali e ci siano turisti: confidiamo in una estate di ripresa».

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